Il vento di Kabul. Cronache afghane by Tiziana Ferrario
autore:Tiziana Ferrario [Ferrario, Tiziana]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Afghan War (2001-2021), History, Wars & Conflicts
ISBN: 9788884909602
Google: smuZPQAACAAJ
editore: Baldini Castoldi Dalai editore
pubblicato: 2006-01-14T23:00:00+00:00
Maialai: un dito puntato contro i signori della guerra
Maialai Joya è una delle 68 donne entrate nel nuovo Parlamento dellâAfghanistan. Avevo fatto un viaggio in macchina con lei nel 2004 da Saint Vincent in Val dâAosta sino a Milano quando le era stato consegnato il premio «Donna dellâAnno».
Avevano fatto il giro del mondo nel dicembre 2003, le immagini di lei. Minuta, in piedi, e con il dito accusatorio puntato contro quegli uomini afghani seduti in prima fila alla riunione della Loya Jirga, lâautorevole assemblea dei capi tribù che viene convocata secondo la tradizione afghana per discutere questioni di rilevanza nazionale. In quella riunione del massimo organo consultivo dellâAfghanistan post-talebani si doveva approvare la nuova Costituzione. Sotto una grande tenda, si erano radunati i personaggi più influenti del Paese, giunti dagli angoli più remoti, ognuno nel proprio abito tradizionale. Câera lâanziano re Zaher Shah, rientrato da poco in patria dallâItalia, câera il presidente Karzai che guidava il governo provvisorio afghano, câerano delegati arrivati dallâestero. E câera Maialai, allora ventiquattrenne.
Era una delle due delegate donne elette nella provincia di Farah e, davanti alle telecamere che trasmettevano in diretta la riunione, aveva avuto il coraggio di alzarsi e puntare il dito contro alcuni dei potenti dignitari e signori della guerra che sedevano in prima fila: lâex presidente Rabbani, che guidava il governo ai tempi della guerra civile; Abdul Rasul Sayyaf, uno degli islamici più conservatori; il tagiko Dostum, accusato di sanguinosi massacri durante la ritirata dei talebani, e tanti altri comandanti dellâAlleanza del Nord. Non a caso Maialai portava il nome di unâeroina afghana che si era battuta nel XIX secolo contro i soldati inglesi.
«Non avete il diritto di stare qui, voi che avete insanguinato e distrutto questo Paese», aveva detto a quegli uomini pietrificati dalle sue parole. Li aveva chiamati criminali e aveva aggiunto: «Dovreste essere messi sotto processo nei tribunali internazionali per i reati che avete commesso». Aveva quindi accusato gli americani di averli di nuovo riportati sulla scena. Da quel momento la vita di Maialai era cambiata: girava con la scorta armata di sei uomini e aveva ricevuto numerose minacce di morte. Anche per i giornalisti era ormai difficile avvicinarla. Alcuni colleghi afghani avevano persino subìto minacce, accusati di averla trasformata in unâeroina.
«Quando sono ritornata a Farah, dopo la Loya Jirga», mi aveva raccontato durante il nostro viaggio verso Milano, «la gente era venuta ad accogliermi allâaeroporto per festeggiarmi. Sono poveri nella mia città , come in tutto lâAfghanistan, ma ognuno aveva qualcosa da darmi. Piccoli anelli dâoro, qualche soldo, terreni. Avevano deciso di affidarsi a me e ognuno aveva dato quello che poteva.» «Fanne quello che vuoi, mi avevano detto, «costruisci quello che ci serve.» «Loro credono in me e io non li posso tradire. La mia protesta e il mio impegno continueranno, anche se so che un giorno potrei essere annientata.»
Era commovente ascoltare Maialai, la sua forza, il suo coraggio.
«Voglio cominciare dallâistruzione, perché solo così potrò formare una vasta rete di persone in grado di aiutarmi nella mia attività . Mi serve una scuola dove tenere corsi di inglese, corsi di computer.
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